lebba dell olivo
6 Novembre 2020 By Andrea Non attivi

La Lebbra delle Olive

Le lebbra dell’olivo, chiamata anche antracnosi, è una delle malattie fungine più rilevanti che colpiscono le  piante di olivo. A differenza dell’Occhio di Pavone, questa malattia non coinvolge le foglie, ma le olive. Colletotrichum gloeosporioides, ( è questo il nome del fungo responsabile dell’infezione) attacca le drupe che mostrano tacche necrotiche scure e cadono a terra, oppure mummificano sull’albero.
Se non controllata la lebbra può causare ingenti perdite alle produzioni, anche del 50%. E se molite le drupe contagiate dal fungo producono un olio di scarsa qualità, con una acidità libera elevata e un colore tendente al rosso. Per difendere gli olivi dalla lebbra è utile conoscere il ciclo biologico del fungo patogeno che lo provoca. Esso è presente in tutto l’areale italiano, ma che crea problemi soprattutto al Sud, dove sverna sugli alberi nei frutti mummificati oppure nei tessuti dei rami infetti. Alla ripresa vegetativa, in primavera, se le condizioni ambientali lo consentono, le spore del fungo germinano attaccando i fiori e i frutticini in allegagione. Dopo l’infezione il fungo rimane in una fase latente per tutta l’estate e si ripresenta con i sintomi tipici in fase di allegagione. In autunno, quindi i frutti colpiti presentano tacche tondeggianti, di colore scuro, depresse e di consistenza cuoiosa. I frutti colpiti da infezione primaria possono cadere precocemente al suolo oppure mummificare sull’albero, dissecandosi. Con umidità elevata sui frutti colpiti si formano delle pustole rossastre che rilasciano i conidi che, trasportati dalla pioggia, fungono da inoculo per le infezioni secondarie. Sulla pianta si avviano così diversi cicli di infezione, favoriti anche dal tipico clima autunnale piovoso e fresco, che se non interrotti portano ad una perdita consistente della produzione. Bisogna dunque distinguere tra infezione primaria latente, che si contrae in primavera e che rimane asintomatica fino all’invaiatura. E infezione secondaria, che invece interessa le drupe arrivate sane fino all’invaiatura e che è molto più veloce e violenta nel degradare i tessuti vegetali. Le mummie che rimangono attaccate agli olivi fungono da inoculo per l’infezione dell’anno successivo, quando in primavera le temperature favoriscono il rilascio dei conidi e la maturazione delle spore. Le mummie sono pericolose anche per un’altra ragione: esse infatti sono in grado di penetrare nel ramo della pianta attraverso il peduncolo e di insediarsi nel legno. Nello stesso anno o in quello successivo, alla ripresa vegetativa, il fungo potrà così colonizzare dal legno i tessuti fogliari e le nuove drupe, portando anche ad una essiccazione del ramo e ad un indebolimento generale dell’albero. La strategia di difesa dell’olivo dall’agente patogeno della lebbra si sovrappone in molte parti alla strategia utilizzata per la difesa delle piante dall’occhio di pavone. E riguarda principalmente la scelta di sesti di impianto ampi, adeguati alla vigoria delle piante. Nonché l’esecuzione di potature eseguite a regola d’arte per arieggiare la chioma e favorire la bagnatura fogliare durante i trattamenti fitosanitari. Durante la potatura è bene prestare attenzione a rimuovere tutti i rami che portano frutti mummificati, in quanto fungeranno da inoculo alla ripresa vegetativa. È utile poi ricorrere ad una irrigazioni moderata, per evitare ristagni d’acqua e aumenti di umidità, nonché a concimazioni azotate equilibrate, in modo da avere uno sviluppo sano e produttivo della pianta, senza accrescimento fogliare esagerato. A differenza che per l’occhio di pavone nel caso della lebbra non ci sono evidenze di cultivar resistenti o variamente suscettibili.
Una corretta strategia di difesa dell’oliveto dalla lebbra non può prescindere dall’utilizzo di prodotti con effetto antifungino. Gli stessi che sono impiegati anche per la difesa delle piante dall’occhio di pavone.
Nello specifico si consiglia un trattamento in pre-fioritura con prodotti a base di rame(idrossido, ossicloruro, ossido e solfato o anche un chelato ad alta efficacia) nelle coltivazioni biologiche, negli oliveti convenzionali al rame va aggiunto un fosfito per amplificare l’effetto.  Un secondo trattamento è invece da prevedere ad invaiatura, quando le infezioni primarie si palesano e le fruttificazioni del fungo sulle drupe possono dare avvio ad infezioni secondarie sulle olive sane. Se nell’arco della stagione non si è potuto intervenire come sopra descritto, il rimedio può essere quello di un trattamento a base di rame e fosfito in post raccolta e uno in post potatura in modo da elemosinare l’infrazione secondaria e con il vantaggio di contenere e risolvere i problemi di occhio di pavone e rogna.