29 Novembre 2020 By Andrea Non attivi

Parliamo un po’ di biologico.

Il settore del Biologico in Italia vale 2,629 miliardi di euro di esportazioni. Siamo i secondi al mondo dopo gli Usa. Attualmente il 15,8% della Sau italiana è dedicata alle colture biologiche, un dato fra i più elevati in Europa. In pratica il biologico si è inserito perfettamente fra le eccellenze dell’agroalimentare italiano con una forte capacità di penetrazione anche in mercati complicati e competitivi come quello statunitense o giapponese. Pensando al futuro però qualche problema si staglia all’orizzonte. Problemi che paradossalmente nascono dalla volontà ambientalista europea. Uno degli obiettivi della strategia della Commissione europea è quello di giungere al 25% della Sau dell’Unione dedicata all’agricoltura biologica. Se però volessimo pensare alla legge della domanda e dell’offerta i prezzi dei prodotti bio potrebbero divenire via via più popolari, cosa buona e anzi ottima per i consumatori; magari meno per i produttori. Il biologico negli scorsi 20 anni è stato uno dei pochi settori dell’agroalimentare mondiale in cui la domanda poteva superare l’offerta; spuntare dei prezzi ben remunerativi poteva quindi essere agevole per i produttori. Oggi già il 53% dei prodotti bio italiani viene venduto dalla Gdo. La progressione di distribuzione nei discount vuole e vorrà dire una sempre maggiore competizione sui prezzi e quindi una maggiore compressione dei produttori da parte dei distributori. Dunque che fare?
 Organizzarsi: si noti che la capacità di aggregazione, per esempio in Op, da parte dei produttori bio è piuttosto bassa e potrebbe di molto crescere e pensare a come soddisfare quella fascia di consumatori che è sempre alla ricerca di qualche cosa di più.

Questi i nostri consigli per i produttori Bio.

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